One Vision e il sogno di Martin Luther King
28 Agosto 2024
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1963, agosto e precisamente il 28. Durante la marcia per il lavoro e la libertà Martin Luther King pronuncia, al Lincoln Memorial di Washington, il famoso discorso I have a dream.
Ma che cosa lega questo famoso discorso e il personaggio di King ai Queen una delle più famose band inglesi di tutti i tempi?
Apparentemente niente… i Queen bianchi e inglesi e King nero e americano. Eppure c’è una cosa che li accomuna,o meglio c’è un pezzo che Freddie Marcury e i Queen hanno deciso di dedicare a questa importantissima figura storica: la hit One Vision.
One Vision diventerà leggendario
I Queen scrissero questo pezzo dopo il successo del Live Aid del 13 luglio 1985. Dopo questo evento infatti la band e Freddie si rinchiusero negli studi di Monaco e carcarono di dare vita a questo inno.
L’intenzione di Freddie e della band era quella che per tutto il pezzo doveva essere ripetuta ed enfatizzata la parole ONE.
Il pezzo fu originariamente scritto dal batterista Roger Taylor che si ispirò proprio al discorso di Martin Luther King al Lincoln Memorial: I have a dream tanto che la stessa frase viene ripetuta all’interno del testo stesso della canzone.
La canzone racconta tramite le sue strofe l’idea di Martin Luther King e della sua lotta per la parità e l’uguaglianza tra i bianchi e i neri.
Il pezzo vede la luce nel mese di ottobre 1985 tanto che verrà utilizzato come primo pezzo del Magic Tour, che da lì a poco sarebbe partito, per incitare la folla negli stadi.
Il sogno di Martin Luther King
Il famoso discorso venne pronunciato il 28 agosto 1963 sugli scalini del Lincoln Memorial. Fu la cantante afroamericana Mahalia Jackson ad incitare King a raccontare e parlare del suo sogno.
Mahalia Jackson, cantante di spicco del gospel e che incise anche per la Decca, fu in prima linea per la lotta contro i diritti civili dei neri, iniziata in Alabama con l’episodio di Rosa Parks. La cantante intonò un classico gospel davanti a 250.000 persone proprio poco prima del discorso di Martin.
Nel discorso King fece molti riferimenti ad un Presidente americano che 100 anni prima firmò il proclama sull’emancipazione: Abraham Lincoln.
L’allusione allo stesso Presidente è presente nel testo del discorso: “Cento anni fa un grande americano alla cui ombra ci leviamo oggi firmò il Proclama sull’Emancipazione, nell’espressione “Five score ago” oltre che proprio al luogo scelto come culmine della marcia, Washington davanti al Lincoln Memorial.
Un discorso molto profondo dove King fa una sorta di denuncia contro il modo in cui l’America si definisce:
nazione fondata per portare giustizia e libertà a tutti i popoli.
Il discorso e il raduno di tutte queste persone fu accolto con favore dall’allora Presidente John Fitzgerald Kennedy che lo ascoltò in diretta televisiva e nonostante l’occasione – l’evento non era stato programmato ne annunciato – non eseguì nessun arresto.
One man. One March. One speech. One dream. One Vision – Queen
Storicamente si dice che il testo del discorso di Martin Luther King fosse solo in parte preparato e scritto mentre la parte per cui è diventato più famoso e dal quale nasce il titolo del discorso, è stata tutta improvvisata su incitamento della cantante Mahalia Jackson che iniziò ad urlare “Parla del sogno Martin”.
Sessant’anni dopo, il 26 agosto 2023, l’America si rende ancora conto che quel sogno non si è ancora realizzato.
Dopo la nascita del movimento Black Lives Matter e l’assassinio di George Floyd, azionisti americani tra cui il figlio di Martin Luther King hanno ancora marciato dall’Alabama a Washington fino al Lincoln Memorial per protestare e richiedere giustizia per il proprio popolo o meglio per il proprio colore della pelle oltre a richiedere la ridistribuzione delle ricchezze e delle risorse e di avere le stesse opportunità dei bianchi.
75.000 partecipanti a ricordare ancora l’omicidio di Floyd e di come la polizia bianca si sia comportata nei suoi confronti, addirittura arrivando ad ucciderlo per asfissia appoggiandogli, si dice apposta, un ginocchio sulla gola ignorando le parole del malcapitato che pronunciava ” I can’t breathe“, la parole che sono poi diventate lo slogan del Black Lives Matter.
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